Legge privacy 675 analisi dei rischi I COMPUTERS AZIENDALI CONTROLLANO I PROPRI IMPIEGATI

 

 

 

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PRIVACY: I COMPUTERS AZIENDALI CONTROLLANO I PROPRI IMPIEGATI

Non si spiano i dipendenti, non senza avvisarli almeno, e l'Autorità per la privacy apre un'inchiesta per capire meglio cosa sta succedendo. 

Nei giorni scorsi si è appreso infatti che sarebbero decine di migliaia, anche in Italia, i computer aziendali che controllano come i propri impiegati utilizzano Internet in orario di lavoro. "In relazione alla questione dei controlli sui lavoratori attraverso un software che consentirebbe alle aziende di monitorare l'accesso alle reti telematiche da parte di dipendenti che utilizzano computer, l'Autorità garante per la protezione dei dati personali rende nota la decisione, assunta nella riunione di ieri, di aver avviato accertamenti e di aver chiesto alla società distributrice del software e alle aziende che ne farebbero uso, ogni notizia ed informazione utile per una piena valutazione del caso" recita un comunicato a firma del responsabile dell'ufficio Stefano Rodotà.

Quello che si sa già con certezza è che ventimila pc sono monitorati grazie al software WebSense, uno dei più diffusi nel mondo, che consente di rendere inaccessibili certi siti giudicati sconvenienti oppure di permettere qualsiasi navigazione però monitorandola ed eventualmente sanzionando il dipendente che vagabonda troppo per motivi non attinenti al lavoro. La decisione di "spiare" i propri impiegati è stata presa nel nostro Paese da molte grosse aziende. Fiat, ad esempio, ha installato il software contestato su 5000 postazioni (escludendo l'accesso a tutto ciò che ha a che fare con pornografia, droga e razzismo) e anche la banca Sella ha adottato una politica analoga. Ma la notizia ha comprensibilmente scatenato le preoccupazioni di violazioni della privacy dei sorvegliati: "Cosa scoprirà sul mio conto il datore di lavoro se ogni giorno vedrà che frequento il sito di un certo partito o quello che rivela una mia particolare propensione sessuale?".

Il lavoratore deve sempre essere avvertito prima, senza consenso spiare è illegale

Parla il garante per la privacy Stefano Rodotà  

"E' una notizia importante e ne discuteremo senz'altro domattina nella riunone dell'ufficio, ma così a prima vista direi che questa del controllo della navigazione in Rete è una questione che solleva subito degli interrogativi".

Stefano Rodotà, Garante della Privacy degli italiani focalizza "tre profili" principali che ruotano attorno ai diritti del lavoratore e a quelli della protezione dei dati personali. "Per ora le mie sono semplici considerazioni legate a quanto mi state spiegando, certo bisognerebbe conoscere di più di questi software e programmi - dice Rodotà - e chiarire se i dipendenti sono stati informati che esiste una forma di controllo e un'eventuale registrazione di dati".


Quali sono questi "profili", professor Rodotà?


"Il primo aspetto potrebbe essere quello che riguarda l'articolo 15 della Costituzione che garantisce la libertà e segretezza delle comunicazioni personali. Poi c'è la questione dello Statuto dei lavoratori. L'articolo 8 vieta la raccolta di informazioni sulle opinioni dei dipendenti e l'articolo 4 il controllo a distanza se non con un accordo sindacale e di cui siano stati informati i diretti interessati".


E qual è il legame con Internet?

   
"Internet in questo senso potrebbe essere interpretato come controllo a distanza, perché il monitoraggio delle tue frequentazioni può fornire a chi lo effettua caratteristiche della tua personalità. Tutto ciò è materia che non riguarda tanto il nostro ufficio quanto l'Ispettorato del lavoro ed eventualmente le procure nel caso fossero riscontrate violazioni. Certo noi chiederemo chiarimenti alle aziende per sapere se queste installazioni siano state fatte con trasparenza".  

Chi ha acquistato questi programmi sostiene però che il computer è strumento di lavoro e quindi il suo utilizzo deve essere vincolato.  

"In effetti credo che entro certi limiti sia un'osservazione corretta. Se l'azienda stabilisce ad esempio di bloccare l'accesso a determinati siti e lo dice all'impiegato, può farlo. Ma quello che mi chiedo è: se viene registrato anche il semplice tentativo di ingresso a questi indirizzi proibiti? Già questa sarebbe una violazione alla legge sulla tutela dei dati personali di cui si occupa il garante. A questo punto ogni lavoratore ha il diritto di andare dal suo datore e chiedergli quali siano le informazioni raccolte su di lui e quale utilizzo ne viene fatto. In definitiva penso che il problema di Internet sia quello di riuscire a far sì che programmi e software vengano utilizzati liberamente ma all'interno di quel quadro di garanzie.