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Viaggio nei segreti violati. In coda, «origliando» i problemi degli altri 

articolo di Marco Federici 

«Beh, sì a volte succede che prima di entrare in farmacia guardo che non ci sia gente. In particolare mi assicuro che non ci sia nessuno che conosco. Sa, non mi va che qualcuno sappia che prendo un antidepressivo...». Le undici di mattina, sotto una delle croci verdi che lampeggiano in via della Repubblica. Il problema della privacy negata o rispettata si pone: comincia un viaggio tra imbarazzo e occhi indiscreti nei luoghi dove, invece, sono in molti a parlare sottovoce, a coprire i documenti carichi di numeri che vogliono rimanere segreti: farmacie, poste e banche.

E che quello della privacy sia un problema lo dimostra il fatto che c'è pure una nuova legge. Un nuovo codice che prevede che i camici bianchi adottino misure in grado di garantire distanze di cortesia tra il paziente servito al banco e quelli in attesa. La rivista dell'associazione di categoria, nell'ultimo numero, regala il cartello da esporre in farmacia: una scritta invita i clienti ad attendere il proprio turno a debita distanza dal banco.

«Il problema esiste - spiega Claudio Dardani della Farmacia Amadasi in via D'Azeglio - tanto è vero che ci comportiamo da sempre con molta discrezione qualora la situazione lo richieda. Capita spesso, ad esempio, che con molta cortesia chieda ad un paziente di allontanarsi dal banco perché in quel momento un'altra persona mi sta esponendo un problema delicato. Personalmente non ho mai avuto rimostranze né ho assistito a discussioni tra paziente per una questione di riservatezza violata»».

Naturalmente, dicono gli addetti ai lavori, solo alcuni farmaci provocano imbarazzo. «Soprattutto quelli che riguardano le parti intime delle persone - aggiunge Dardani - e proprio per questo quando ci rapportiamo con questi pazienti abbassiamo il tono della voce oppure ci mettiamo in disparte per qualche minuto».

Anche alla farmacia di via Cavour campeggia il cartello che esorta i pazienti a tenere una distanza di cortesia rispetto al banco. «Naturalmente occorre considerare le dimensioni del locale - spiega il direttore responsabile Enrico Frigeri - e il numero delle presone presenti contemporaneamente. Ma quello della privacy è un problema che risolviamo con la nostra professionalità. In particolare, se una persona ha bisogno di molta discrezione la faccio accomodare in un angolo appartato della farmacia e parlo sottovoce. Poi, una volta individuato il farmaco, tengo la scatola coperta con la mano prima di incartarla velocemente. Naturalmente c'è quell'attimo in cui viene appoggiata sul bancone ma si tratta davvero di qualche secondo. La riservatezza, poi, è legata al buon senso delle persone».

Di sicuro, alla loro privacy, i pazienti prestano molta attenzione. «A me non è mai capitata una situazione imbarazzante, ma effettivamente anche in farmacia potrebbero prevedere una linea di demarcazione da non oltrepassare per i pazienti in attesa», dice una signora con in mano supposte di glicerina: «Se per chiederle ho abbassato la voce? Nemmeno per sogno. E di cosa dovrei vergognarmi?».