PRIVACY
E BIOMETRIA
L'iride.
Il Dna. La voce. L'ovale del viso. I nuovi sistemi di individuazione
digitale sono già arrivati. In gran segreto. Anche nelle strade
italiane
Articolo
di Francesca Tarissi su "L'Espresso" on line del 16/06/2003
Aeroporto di Tokyo, anno 2010. In mezzo alla folla, un bambino
indica incuriosito la pistola di un agente. L'uomo in divisa la sgancia
dalla cintura e gliela porge. Un incosciente? No. L'arma nelle mani del
ragazzino non spara, non scatta, semplicemente non funziona se non viene
impugnata dal poliziotto a cui è assegnata. Il dispositivo interno non
riconosce le impronte digitali del piccolo.
Poco più in là, un fiume di gente si avvia verso le porte automatiche
a raggi infrarossi. Una microcamera scatta una foto digitale a tutti
quelli che passano. L'immagine del volto, scansita tridimensionalmente,
viene ridotta ad una sequenza di punti e distanze, inviata al computer
centrale e quindi confrontata con le migliaia conservate nel database
della sicurezza. Se coincide con la cartografia facciale di un
ricercato, ecco che scatta il fermo. Intanto sulla pista un pilota si
accinge ad entrare nella carlinga dell'aereo. Prima, però, deve passare
il controllo di massima sicurezza: poggia il polso sul sensore di
silicio allo stato solido e il suo Dna di scarto viene riconosciuto. È
proprio lui, può accedere al posto di pilotaggio.
È il futuro prossimo delle tecnologie biometriche di riconoscimento
individuale, che hanno subito una forte accelerazione nell'ultimo anno,
diventando un business sempre più cospicuo e richiesto a mano a mano
che nel mondo crescevano le tensioni internazionali e le minacce del
terrorismo. L'International Biometric Group ha quantificato il giro
d'affari di questo mercato ipertecnologico in circa 4 miliardi di
dollari, con una crescita annua del 50 per cento da oggi ai prossimi tre
anni. «Le entrate dovute alla diffusione delle applicazioni biometriche
saliranno del 34 per cento nel Nord America, del 23 nell'area asiatica e
del 13 in Europa», spiega Trevor W. Prout, direttore marketing
dell'Ibg, «e questi dati aiutano a capire perché la maggior parte
delle 250 aziende che in tutto il mondo si occupano di biometria risieda
proprio negli Stati Uniti».
Molti nomi ma nessun leader indiscusso del campo, le aziende biometriche
tendono piuttosto a primeggiare nel loro segmento di settore con
competenze specifiche. «In effetti», prosegue Prout, «ci sono molte
società che si occupano della scansione dell'impronta digitale, come la
Identix, Bioscrypt o DigitalPersona; una sola azienda chiave per la
scansione dell'iride, la Iridian, un'altra per la geometria della mano,
la Recognition Systems. Per il riconoscimento facciale le maggiori sono
ancora la Identix, Imagis, e Visage, mentre tra quelle per il
riconoscimento facciale tridimensionale la 3DBiometrics, A4Vision e
Neurodynamics».
La biometria si basa sul fatto che ogni persona è un individuo unico e
quindi riconoscibile. Mani, dita, viso, voce, odore, sudorazione, iride,
gestualità, la coda del Dna e persino la mappa delle vene sono
inequivocabili indicatori della nostra identità che ancora oggi, nella
maggior parte dei casi, viene individuata con la classica fotografia. Ma
al posto di questo obsoleto strumento sono già in uso il "face
recognition", il riconoscimento facciale, e l'"iris
recognition" l'identificazione dell'iride, metodi entrambi già
applicati, spesso in modo riservato, al di qua e di là dell'Oceano.
All'aeroporto JFK di New York, ad esempio, una porta del Terminal 4
degli arrivi internazionali è vigilata mediante il riconoscimento
dell'iride del personale in transito.
Se il sistema, sviluppato dalla Iridian non riconosce l'impiegato,
scatta il blocco di sicurezza e la porta non si apre. Gli aeroporti di
Toronto e Vancouver hanno messo in funzione in questi giorni
Canpass-Air, un'altra tecnologia per il controllo dell'iride dei
passeggeri in transito. Ancora sistemi basati sull'iris-scan ad opera
della Iridian sono presenti all'aeroporto olandese di Schiphol e in
quello giapponese di Narita. Ma anche in Italia face recognition esiste
già: la società fiorentina Red Duck, ad esempio, ha già sviluppato
per una questura su cui l'azienda mantiene il segreto, un database con
le foto di oltre 950 pregiudicati e ha posizionato 18 webcam in
altrettanti punti strategici di una città (anch'essa ignota) della
penisola. Il meccanismo è semplice: le camere trasmettono le immagini
incrociate dei passanti 24 ore su 24 e quando il sistema rileva una
corrispondenza del 90 per cento con uno dei volti archiviati, invia un
Sms di allerta alla questura con indicata la zona della segnalazione. In
tal modo il sospettato può essere rintracciato e fermato.
Tecnicamente il face recognition funziona grazie a un computer che
analizza in pochi secondi i dati del volto (la distanza degli occhi,
l'altezza degli zigomi, la posizione di naso e bocca ecc.) e ne desume
una sorta di cartografia facciale che viene confrontata con quelle
ritenute nei database della polizia. L'iris recognition, invece, è
un'immagine in bianco e nero della zona che circonda la pupilla.
Attraverso questa immagine si ricavano circa 247 punti che costituiscono
i dati univoci sulla base dei quali viene prodotto un codice digitale,
lo stesso che sarà poi confrontato con migliaia di altri per ottenere
l'identificazione del soggetto.
Grazie allo sviluppo di tecnologie ottiche, software e processori sempre
più potenti e precisi, il face recognition punta all'azzeramento dei
cosiddetti Frr (False Rejection Rate - Percentuale di falsi rifiuti) e
Far (False Acceptance Rate - Percentuale di false autenticazioni), ossia
delle variabili di errore. Al Massachusetts Institute of Technology,
presso il Media Laboratory, hanno già raggiunto una percentuale di
corrispondenza del 92 per cento.
Il face e l'iris recognition sono destinati a entrare nella quotidianità
e se domani li troveremo nella hall degli alberghi, di fronte agli
stadi, già oggi sono utilizzati in diverse circostanze, con un occhio
particolare ai rischi di terrorismo: le Nazioni Unite, ad esempio, hanno
installato sistemi di questo tipo alla frontiere tra Pakistan e
Afghanistan per il riconoscimento dei rifugiati a Peshawar; ma ci sono
già anche all'aeroporto King Abdul Aziz in Arabia Saudita, durante il
periodo del pellegrinaggio alla Mecca, per l'identificazione dei fedeli;
o agli ingressi del Pentagono per il riconoscimento del personale. Anche
nel carcere della Contea di Lancaster in Pennsylvania vengono
identificate così le guardie carcerarie: nessun estraneo può entrare o
uscire se non viene riconosciuto dal computer. E le prospettive sono
quelle di un ampio uso della biometria anche nella società civile
(all'ingresso di supermarket o posti affollati in paesi a rischio, come
Israele) se non addirittura nei luoghi di divertimento (in alcuni casinò
di Las Vegas i sistemi di face recognition sono stati istallati come
difesa dai bari di professione).
Un altro campo di sviluppo promettente della biometria riguarda le
"vecchie" impronte digitali. La mappa del polpastrello,
infatti, sarà archiviata elettronicamente e ci metterà in condizione
di svolgere infinite attività solo posando un dito su un lettore
ottico: potremo fare acquisti utilizzando l'indice al posto della carta
di credito, accedere a locali riservati, azionare qualsiasi meccanismo,
dal cellulare all'automobile, dal computer alla macchina fotografica
digitale, escludendo, o riducendo drasticamente, il rischio di furto.
Così le nostre impronte saranno (e in molti casi già sono) memorizzate
ovunque: all'ingresso dell'azienda per cui lavoriamo, nella portineria
del nostro palazzo, nelle serrature delle porte o nella tastiera del pc,
al posto della password. Attualmente i dipartimenti statunitensi della
Difesa e del Tesoro, 170 scuole di Stoccolma, il ministero della
Giustizia tedesco, la Gwk Banking&Tourist Services, la Banca del
Lussemburgo e l'Agenzia del governo Usa stanno sperimentando l'accesso
controllato mediante la lettura delle dita con i dispositivi forniti
dall'azienda svedese Precise Biometrics.
Si spiega facilmente, quindi, come il settore delle impronte digitali
assorba oggi oltre metà (il 52,1 per cento) degli investimenti nel
campo biometrico e in futuro si preveda una netta implementazione
dell'uso di Smart Card a sostituzione dei codici Pin, a volte difficili
da memorizzare e comunque meno sicuri.
Le maggiori contestazioni alla biometria riguardano naturalmente le
questioni legate alla violazione della privacy, principale motivazione
della diffidenza che gli europei provano verso i sistemi di
riconoscimento, in particolar modo verso quello basato sull'iride, il
quale ha già scatenato la fantasia di tanti sceneggiatori hollywoodiani
(da "Mission Impossible" a "Minority Report", fino
all'ultimo "007"). Secondo Giulio Camagni, consigliere della
Assintel (Associazione Nazionale Imprese Servizi Informatica Telematica
Robotica Eidomatica) «per quanto riguarda il problema della privacy, è
molto importante distinguere due momenti: quando si registrano i dati
biometrici e quando invece si registrano i codici identificativi, i
cosiddetti template, ottenuti dal dato biometrico. Nel primo caso,
infatti, è indispensabile l'intervento del garante della privacy in
quanto la registrazione del dato biometrico è soggetta a strette regole
per non infrangere la privacy. Altra cosa, invece, è registrare
semplicemente il template, ossia non il dato biometrico in sé ma un
codice identificativo del soggetto, più riservato del codice fiscale,
visto che non rende nota l'età del soggetto».
Non c'è nessun rischio, invece, assicurano gli addetti ai lavori, per
la salute di chi viene sottoposto agli scan oculari: «Non si usano
flash, luci violente o laser, ma solo comuni raggi infrarossi come
quelli dei telecomandi delle televisioni», spiegano alla Iridian
Technologies.
E se viso, impronte digitali e iride non bastassero, il nostro corpo
offre alla biometria altri dati d'identificazione: la voce, gli
atteggiamenti, le movenze e i gesti quotidiani diverranno altrettante
chiavi per accedere al nostro io, grazie ai sistemi dotati di reti
neurali, in grado cioè di apprendere nel tempo determinate peculiarità
nel modo di fare degli individui. Restano poi il Dna e l'acidità della
pelle, non ancora utilizzati su larga scala perché troppo difficili da
ottenere in tempi brevi.
La strada, però, è quella dei sistemi incrociati: utilizzando i
diversi strumenti immediati di cui si è parlato i margini di errore si
avvicineranno allo zero entro pochissimi anni. Spiega Tim Corcoran,
senior systems engineer alla Northrop Grumman: «Un sistema biometrico
multiplo è un sistema in grado di utilizzare il core biometrico di più
tecnologie per effettuare l'autenticazione di un utente».
Questi sistemi diventeranno sempre più frequenti, soprattutto nel
settore pubblico. Prova ne sia che l'aeroporto giapponese di Narita ha
annunciato un piano per l'utilizzazione incrociata del riconoscimento
facciale e dell'iride, mentre l'esercito americano sta raccogliendo i
dati dell'iride, delle impronte, del volto e della voce dei prigionieri
afghani e arabi detenuti nella base di Guantanamo Bay a Cuba. Questo per
creare un dossier biometrico contenente vari parametri che permettano un
riconoscimento certo su singoli o multipli dati biometrici.
Ma la biometria può avere anche applicazione leggere e sposarsi con la
più inutile gadgettistica elettronica di consumo. Negli Usa, la
Wearable Computing ha sviluppato un congegno di identificazione
personale con una microcamera inserita negli occhiali da sole che,
legata a un mini pc e a un nanomicrofono, ci suggerirà diversi dati
sulla persona che abbiamo di fronte. Così, per esempio, a una festa,
incontrando un tizio che ci saluta calorosamente, ma di cui non ci
ricordiamo neppure il nome, potremo rispondere con assoluta sicurezza:
«Carissimo Mario, ti trovo benissimo, non dimostri affatto i 52 anni
che hai compiuto giusto un mese fa! Ti sei ripreso dall'incidente di
moto che hai avuto il 7 febbraio scorso alle 8 del mattino in via
Cavour? E come stanno i tuoi due figli Vittoria e Martino, di 6 e 9
anni? Mi raccomando, tanti auguri per dopodomani, che è il tuo
anniversario di matrimonio...».